
Questa sequela di scosse che nell’Appennino umbro-marchigiano sembra non finire mai non ha distrutto soltanto case, scuole, chiese e strade, ma ha “violentato” in maniera spietata un tessuto economico che già prima del sisma era duramente messo alla prova dalla crisi economica. Tante attività dalla giornata di mercoledì 26 ottobre sono state costrette a chiudere (speriamo provvisoriamente) i battenti per danni strutturali e logistici, e chi ci lavora ora si chiede se oltre alla casa non dovrà temere anche per la propria sudata fonte di reddito. In occasione del terremoto del 24 agosto che colpì con veemenza mortale amatrice ed Arquata del Tronto, oltre a una lunga lista di piccoli centri appenninici, come M5S abbiamo dato priorità assoluta con la nostra mozione in 61 punti (46 dei quali recepiti dal governo Renzi) al sostegno alle imprese. Di ogni tipo: artigiane, commerciali, industriali e soprattutto agricole, le più demolite dalla forza d’urto di quella nefasta notte estiva. I comuni inseriti allora nel decreto con le misure per il sisma erano in tutto 62 appartenenti a quattro regioni: Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo.
Con questa settimana di potentissimi eventi sismici il loro numero sarà destinato a crescere sensibilmente, tenuto conto del fatto che ora la superficie dell’area terremotata si estende per circa 600 km quadrati. Prima del 26 ottobre, in quello che i giornalisti hanno ribattezzato “cratere sismico” si contavano 7576 aziende, in base a un dettagliato studio de Ilsole24Ore. Stando ai primi aggiornamenti fatti, si tratta di un numero che potrebbe persino raddoppiare visto che il “recinto” dell’area colpita ora è molto più largo. Ovvio, all’interno fortunatamente non tutte le aziende hanno interrotto la loro attività, altrimenti ci troveremmo di fronte a una vera catastrofe. Per il momento sappiamo che più del 30% delle imprese dell’area sono del segmento agricolo (circa una su tre). E l’80% abbondante di esse hanno subito danni, chi piccoli chi invece più grandi tanto da dover ridurre sensibilmente la mole di lavoro.
Ad agosto scorso in occasione della potente scossa del 24 ci attivammo subito per dare a queste realtà adeguato sostegno, soprattutto agli allevatori che dall’oggi al domani si sono trovati senza strutture dove poter da ricovero ai propri animali e senza attrezzature idonee a poter proseguire la loro consueta attività. Purtroppo su questo fronte il team del commissario straordinario Vasco Errani si è mosso un po’ troppo a rilento, e nell’ultima mia visita ad Arquata del Tronto ho constatato che tensostrutture e sale mungitura provvisorie erano arrivate soltanto in piccolissima parte. Ora che nella zona di Norcia e nell’alto maceratese fino ad arrivare al tolentinate le imprese agricole con danni sono quasi raddoppiate, è necessario essere più tempestivi. Lì l’inverno presto morderà con freddo e maltempo, e per il bestiame si rischia un’ecatombe.
Non solo. Queste terre appenniniche vivono molto della vendita dei loro prodotti tipici, e per tante realtà ora è impossibile tenere aperti punti vendita o peggio trasportare merci nell’ambito agroalimentare fuori dal territorio. Per questo lancio a tutti un appello accorato: è fondamentale per chi può e vuole dare un aiuto contribuire continuare ad acquistare prodotti (salumi, formaggi, olii, tartufi, distillati, vini) di queste terre, molti dei quali peraltro sono di qualità davvero più unica che rara.
La mazzata più fragorosa a stretto giro però riguarda il turismo: l’area dei monti Sibillini vive in gran parte di turismo invernale per quanto riguarda soprattutto gli sport invernali e di turismo estivo per quanto riguarda le bellezze paesaggistiche e anche culturali, vedi la quantità di chiese gioiello sventrate dalla furia del sisma che si ritrovano con pesanti danneggiamenti. Dal punto di vista ricettivo la situazione è drammatica: hotel e alberghi messi ko dal sisma si contano nell’ordine di diverse decine. Anche qui dal governo ci aspettiamo che il toro venga preso per le corna: se da quelle parti non tornerà nessuno per parecchio tempo, la “morte” economica è assicurata.
Infine l’industria: le ultime scosse hanno allargato il perimetro sismico fino a realtà importanti come Tolentino, tra i più grandi poli manifatturieri marchigiani, Matelica, e persino Fabriano, la mia città, che è il centro più popoloso della fascia marchigiana dell’Appennino e che già soffre di una pesante crisi nell’ambito dell’industria metalmeccanica del “bianco”. Una menzione doverosa va poi alla città di Camerino e alla sua pluricentenaria Università, che è il piedistallo sul quale poggia l’intera economia dell’area camerte. Al rettore e al sindaco va garantito il massimo sostegno per far sì che gli studenti possano alloggiare, studiare e seguire lezioni in loco: se si sposta anche soltanto provvisoriamente il tutto, per il piccolo centro accademico potrebbe essere davvero la fine.
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