
Il 10 dicembre il Cresme ha presentato un rapporto su “Il recupero e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio: una stima dell’impatto delle misure di incentivazione”. Un documento estremamente interessante che sottolinea l’imponenza dell’impatto degli incentivi come lo sconto in fattura per interventi antisismici e la cessione del credito per impianti rinnovabili, su uno dei settori con maggior valore negativo rispetto agli altri, ossia quello edilizio.
Il report ci riporta con estrema chiarezza la necessità di reintrodurre nel primo provvedimento utile il meccanismo dello sconto in fattura o il meccanismo similare per gli interventi di messa in sicurezza sismica, limitato con la manovra economica soltanto agli interventi di ristrutturazione importanti di primo livello su parti condominiali per importi pari o superiori a 200 mila euro.
Il valore economico della produzione nelle costruzioni del 2018 è stato di 171,6 miliardi, di cui ben il 74% per il recupero edilizio, e di questa percentuale il 16,6% riguarda lavori eseguiti grazie agli incentivi fiscali, sviluppando un fatturato nel 2018 di 28,5 miliardi, ottenuti grazie agli incentivi messi a disposizione dallo stato.
Per esattezza questi incentivi sono stati utilizzati al nord per il 66%, al centro per il 20% mentre al Sud e isole solo per il 14%. Questo conferma che lo sconto in fattura o altro Simile sistema è necessario nelle aree del Paese dove il carico fiscale delle famiglie è minore e non hanno una capacità economica tale da accedere ai bonus statali: in queste aree gli interventi di messa in sicurezza sismica potrebbero aumentare sensibilmente dando ai proprietari degli immobili la possibilità di pagare direttamente un importo ridotto. Occorre quindi ampliare la platea dei beneficiari per rimettere in circolo denaro e far ripartire il settore delle costruzioni in tutta Italia, e garantire standard di sicurezza, specie sismica, più elevati.
Altro dato che deve far riflettere: in un settore che subisce un’evidente crisi da ormai più di un decennio, i dati di confronto fra gli occupati del 2011 e quelli del 2018, ossia prima e dopo l’entrata in vigore degli incentivi, sono più che rilevanti:
Nel 2011 infatti gli occupati del settore più l’indotto erano fermi a 249.541 unità, salendo poi a 383.624 nel 2018 e aumentando ancora a 432.358 nel 2019. Il doppio quindi.
C’è di più: tra il secondo trimestre del 2008 e lo stesso periodo del 2019 il settore delle costrizioni secondo ISTAT ha registrato una perdita di 529mila occupati, mentre il settore agricolo è aumentato di 66mila, quello industriale di 158mila e di 1146mila unità il comparto dei servizi.
E’ evidente quindi che sia necessario uno shock per l’edilizia, e lo studio dimostra che una strada sicura è potenziare e ampliare la platea dei beneficiari del sisma bonus, delle ristrutturazioni e dell’eco bonus.
Parliamo quindi di soldi: La stima dell’impatto economico finanziario per il periodo 1998-2029 per le casse dello stato italiano tra costi e benefici prevede un saldo totale con valori attualizzati di -3,6 miliardi di euro, stimati fra entrate ed uscite, ma se si valuta anche la matrice di contabilità sociale e le minore imposte per l’energia lo stato avrà guadagnato 8,7 miliardi di euro.
In sintesi, se andiamo a considerare l’impatto sul sistema paese gli investimenti fatti dal 98 al 2018 ci sarà un saldo positivo di 26,7 miliardi, aggiungendo poi che anche il patrimonio immobiliare ne gioverebbe in termine di valorizzazione, decoro, prestazioni funzionali e vulnerabilità sismica, che ad oggi sono difficili da quantificare a livello economico, ma sono comunque significativi in termini sociali.
A questo punto ci auguriamo che il Governo accolga la nostra richiesta e ripristini con il primo decreto utile tutti quegli incentivi che hanno dato una scossa al settore edile, per il quale c’è ancora molto da fare, e per gli interventi di risparmio energetico, come ad esempio l’istallazione di impianti fotovoltaici.