
L’ennesima fiducia, l’ennesima messa in scena di un governo e una maggioranza parlamentare sempre meno credibili. Il Dl Enti Locali, uno “Zibaldone” di carta dove dentro è finito di tutto che mette (poche) toppe su questioni emergenziali e lascia (tante) annose criticità completamente irrisolte. Il solito modo di procedere targato PD: modifiche scaraventate dentro all’ultimo minuto utile al fine di evitare che venissero discusse in commissione Bilancio. Un iter tristemente consolidato, come quello di porre la fiducia su un testo informe che stamane ha avuto il pronto “disco verde” da Montecitorio. L’aspetto più vergognoso di questo decreto sta nell’ennesima mortificante mazzata per i comuni, gli enti locali più prossimi alla cittadinanza che ancora una volta escono con le ossa rotte per volere di Palazzo Chigi. Abbiamo deciso di uscire dall’Aula proprio per solidarietà verso i migliaia di sindaci che nel prossimo anno si troveranno costretti a nuovi colpi di forbice nei servizi essenziali ai cittadini.
A lasciarci basiti è il mancato stralcio dal provvedimento delle sanzioni per quei sindaci che puntano a chiudere anticipatamente i loro mutui. In parole povere viene punito chi, virtuosamente, restituisce i soldi al prestatore (per esempio le banche o la Cdp). Il testo contempla in tal senso un fondo di ristoro parziale, ma solo per quest’anno. Il Patto di stabilità e il pareggio di bilancio comprimono la possibilità dei comuni di erogare servizi ai cittadini: una prassi che ormai sta diventando vergognosamente regola. Delle nostre proposte non ne è passata neppure una, soprattutto quelle volte a consentire ai primi cittadini di rinegoziare i prestiti, abbassando i tassi di interesse pagati a banche e finanziatori. Bon dobbiamo infatti dimenticare che i comuni hanno pagato più di tutti il consolidamento dei conti degli ultimi quattro governi. Addirittura 17 miliardi di euro tra il 2010 e il 2015, nonostante le città incidano appena il 2,5% sul totale del debito e appena il 7,6% dell’intera spesa pubblica. Quindi governi e ministeri sperperano, e le amministrazioni comunali (tutte, nessuna esclusa) tappano le falle.
Il testo consente inoltre ai comuni che presentano un piano di riequilibrio di bilancio di aggiornarlo e di modificarlo in corsa anche con i debiti fuori bilancio o i disavanzi risultanti dal rendiconto approvato. Un favore non da poco a molti eminenti sindaci PD che già hanno messo in atto in passato questo modo di operare: gli stessi che poi sfruttano l’Anci per piagnucolare contro i governi appoggiati dal loro stesso partito.
Tra tante storture, una piccola vittoria griffata M5S c’è. E’ stato approvato un nostro emendamento che rende più trasparente la risoluzione del contenzioso tra Aifa e aziende farmaceutiche, contemplando che le previsioni delle istanze di rettifica indirizzate all’Agenzia del farmaco siano rese pubbliche sul suo sito istituzionale. Un secondo nostro emendamento invece vincola il ministero della Salute a completare il programma di informatizzazione del sistema sanitario nazionale previsto dal Patto per la Salute 2014-2016, entro e non oltre le scadenze programmate dall’Agenda digitale. In mezzo a tante nefandezze, due successi di non poco conto.
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