
La commissione “VIA”, acronimo di “valutazione di impatto ambientale”, è un organo pubblico che ha una funzione molto delicata, in quanto decide se una grande opera si può realizzare oppure no. La sua origine ha addirittura dalle norme che istituirono il ministero dell’Ambiente: effettuati i vari studi, rilievi, monitoraggi sul piano della sostenibilità ambientale e della trasformazione del territorio, questa commissione ha il compito di dare il disco verde a progetti relativi a ponti, strade, ferrovie, perforazioni petrolifere e via dicendo. Si parla quindi di lavori da miliardi di euro, appesi dunque alla discrezionalità dei membri della commissione stessa, che allo stato attuale sono 48. Visti i molteplici interessi che in genere certe opere ricoprono, tra essi ci sono ingegneri, architetti, geologi, economisti e altri professionisti di diversa estrazione.
Il guaio è che molti di loro oltre a fare i tecnici per l’esecutivo o comunque per enti pubblici, sono anche legati con rapporti professionali di varia natura con le aziende che questi progetti debbono realizzarli. Spesso dunque, ci si trova di fronte a palesi casi di conflitto di interesse: il controllore risulta frequentemente dipendente dal controllato.
Come Movimento 5 Stelle, da mesi stiamo pungolando il governo sull’insostenibilità dello status quo. Nel mese di dicembre, il mio collega in commissione Ambiente alla Camera Alberto Zolezzi ha presentato una prima interrogazione a risposta immediata (http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=5/04310&ramo=CAMERA&leg=17) al ministro competente volta a capire se ci sono margini di iniziativa normativa per porre rimedio a una situazione che ha del paradossale.
Ad essa, ha fatto seguito un’altra interrogazione data 20 marzo 2015 a firma della collega Federica Daga (http://aic.camera.it/aic/scheda.html?numero=3/01379&ramo=CAMERA&leg=17), la quale, rilevati i molteplici casi di conflitto interesse e l’accresciuto rischio di infiltrazioni mafiose, chiede a chiare lettere all’esecutivo nuove procedure circa l’operato di questa commissione con procedure più trasparenti, sia per quanto riguarda le sedute che per gli ordini del giorno, e maggiori controlli sull’onorabilità e l’integrità degli stessi membri.
Il governo però continua a far melina, mentre nella commissione VIA aumentano i casi di membri che lavorano contemporaneamente per le strutture ministeriali e per le aziende che partecipano alle gare d’appalto, così come cresce il numero degli stessi sottoposti a indagine in base al giro di vite sulla corruzione. A tal proposito, il movimento 5 Stelle ha deciso di consegnare alle procure si Roma e Firenze, oltre che all’Autorità Anti Corruzione e alla Direzione Nazionale Antimafia, un esposto per denunciare i casi di incompatibilità di molti componenti della Commissione VIA e i forti rischi di imparzialità nella scelta del consesso stesso.
In Italia, quando ci sono in gioco miliardi di euro di fondi pubblici, non è più pensabile che chi debba decidere sia in qualche modo legato all’azienda alla quale quel denaro viene destinato per la realizzazione dei lavori. La commissione VIA va riformata da cima a fondo: di controllori che lavorano per i controllati non ne vogliamo più.