
Per chi se lo fosse dimenticato, nel giugno 2011 gli italiani sancirono attraverso un referendum che l’acqua va considerata un “bene comune” al quale ogni essere umano deve avere accesso. Nella gestione del servizio, la consultazione referendaria stabilì che esso andava perentoriamente sottratto da ogni logica di profitto e di lucro. A quattro anni e mezzo da quella scelta compiuta dai cittadini italiani, la politica continua a fare orecchie da mercanti e ad andare in direzione opposta rispetto a ciò che gli italiani hanno voluto. Incurante, tra l’altro, della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che nel luglio 2010 ha sancito che l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari è un diritto umano, universale, indivisibile e imprescrittibile. La regione Marche è il caso più emblematico di come la politica se ne infischi della volontà dei cittadini. Attualmente ci sono 5 ATO (ambiti territoriali ottimali), uno per provincia. Tutti già gestiti con un mix molto poco chiaro tra pubblico e privato. Nelle intenzioni di Luca Ceriscioli e della maggioranza a palazzo Raffaello, c’è la volontà di creare un ATO unico regionale. Da assegnare, nemmeno a dirlo, ad unico gestore, magari proprio quella “Hera” già proprietaria del 50% di Marche Multiservizi la quale già fa il bello e il cattivo tempo nella gestione del servizio idrico nella provincia di Pesaro. Da nostro punto di vista, siamo in moto da mesi per opporci a questo disegno. Attraverso i nostri portavoce nei consigli comunali, stiamo promuovendo diversi atti, tra i quali l’inserimento della dicitura “acqua bene comune” nei vari statuti comunali, e la formulazione di mozioni e delibere per far sì che si arrivi all’obbligo di gestione da parte di enti di diritto pubblico, disancorati dalla logica lobbistica del lucro. Inoltre, sia a livello comunale che regionale, stiamo promuovendo un forte contrasto alla sgradevole pratica dei distacchi: se l’acqua è un bene vitale da equiparare all’aria, non si possono assistere a circostanze così drastiche, alle quali vanno contrapposte politiche tariffarie e di incentivo a consumi consapevoli e controllati. Anche in consiglio regionale, il M5S insiste per arrivare alla gratuità dei 50 litri quotidiani a persona, recuperando le risorse con ricarichi maggiori per chi invece ne consuma ben oltre. Inoltre abbiamo presentato una prima mozione contro l’art. 7 del cosiddetto “Sblocca-Italia”, che favorisce di fatto i progetti delle grandi multiutility, tesa ad aprire un confronto anche con i comuni. Per quanto concerne noi parlamentari, invece, da due anni ormai è attivo un gruppo trasversale che lavora tenacemente intorno a una proposta di legge dal titolo “Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per l’adozione di tributi destinati al suo finanziamento”. La mia collega Federica Daga (M5S), tra le prime firmatarie di questa proposta normativa rivoluzionaria, si batte ogni giorno per far sì che tale legge diventi presto realtà, ma le resistenze sono molte e c’è la tendenza a parlarne poco sui media tradizionali. L’esistenza di un intergruppo parlamentare per questo obiettivo lo consideriamo un buon auspicio. Auspichiamo davvero che questa iniziativa dilaghi nella Regione Marche e invitiamo tutti i rappresentanti politici, soprattutto quelli sensibili a questo tema nei comuni dove il M5S non ha portavoce, a contattarci e fare loro questi atti. Solo insieme possiamo fermare lo scellerato disegno delle lobby dei Servizi Pubblici Locali e far rispettare la chiarissima volontà popolare. Acqua e Servizio Idrico completamente pubblici, di proprietà e di natura.